10 giugno 1946, vicini alla proclamazione della Repubblica

Erano trascorsi pochi giorni dal Referendum del 2 giugno 1946 quando le italiane e gli italiani maggiorenni avevano espresso la loro volontà circa il futuro assetto dell’Italia dopo il  ventennio fascista e il secondo conflitto mondiale. Ai seggi si erano recati quasi 25 milioni di aventi diritti, attendendo con pazienza il loro turno per via delle lunghe file che si erano formate già dalle prime luci dell’alba.

Il 10 giugno presso la Sala della Lupa di Montecitorio, Giuseppe Pagano, il presidente della Corte di Cassazione, comunicò i risultati delle elezioni: 12.718.019 i voti per la Repubblica, 10.709.423 per la monarchia. Pagano così dichiarava: “La Corte, a norma dell’art.19 del d. lgt. 23 aprile 1946 nr.1219, emetterà in altra adunanza il giudizio definitivo sulle contestazioni, proteste, reclami, presentate agli uffici dalle singole sezioni, a quelle centrali e circoscrizionali e alla Corte stessa concernenti le operazioni relative al referendum: integrerà il risultato con i dati delle sezioni ancora mancanti e indicherà il numero complessivo degli elettori votanti, dei voti nulli e dei voti attribuiti”. Le sezioni mancanti erano ancora 118.

Subito dopo si riunì il Consiglio dei Ministri per attuare il 3° comma dell’art. 2 del Decreto Legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98 che si riferiva alla vittoria della Repubblica: “Nella ipotesi prevista dal primo comma, dal giorno della proclamazione dei risultati del referendum e fino alla elezione del Capo provvisorio dello Stato, le relative funzioni saranno esercitate dal Presidente del Consiglio dei Ministri in carica nel giorno delle elezioni”. Il primo ministro Alcide De Gasperi, per opportuni motivi di cortesia istituzionale, si recò in seguito al Quirinale presso Re Umberto II per discutere l’argomento.

Seppure il Consiglio dei ministri aveva preso atto dei dati ancora parziali delle elezioni, De Gasperi presentò al Re un dettagliato documento con il quale si chiedeva formalmente che: “il Presidente del Consiglio dei Ministri, on.le Alcide De Gasperi, eserciti i poteri del Capo dello Stato, di cui all’art. 2, DLL 16 marzo 1946, n. 98, secondo i principi dell’attuale ordinamento costituzionale”. Il monarca manifestò tutto il suo riserbo per via di un risultato elettorale ancora parziale, definendo illegale la proclamazione di un governo repubblicano: “Preferirei, se un trapasso dovesse esserci, nominarla io stesso reggente civile”.

Intanto il direttivo della Cgil, riunitosi a Roma in via straordinaria, si pronunciò a favore del Governo per la difesa della democrazia. E anche i giornali dell’epoca titolavano circa la nascita della Repubblica con toni più o meno sobri. Per L’Unità  «È nata la Repubblica italiana» mentre per La Stampa «Il Governo sanziona la vittoria repubblicana».

L’esito definitivo del referendum sarebbe stato proclamato solo qualche giorno dopo, il 18 giugno, ma la strada era già tracciata.

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